I maestri di World Press Photo, ecco i vincitori 2024: la “Pietà di Gaza”contro l’indifferenza

Giovedì 9 Maggio 2024 di Valeria Arnaldi
I maestri di World Press Photo, ecco i vincitori 2024: la “Pietà di Gaza”contro l’indifferenza

Inginocchiata, il viso nascosto con il braccio per non mostrare le lacrime, il corpo rannicchiato a farsi tutt'uno con quello, senza vita, della nipotina. Inas Abu Maamar ha 36 anni, ma l'immagine di quell'abbraccio, pur definito nel tempo e nello spazio – la bimba è morta con quattro familiari quando un missile israeliano ha colpito la loro casa - ha la forza di un monumento senza tempo e senza confini. Contro la guerra, il silenzio dell'anima, l'indifferenza.
 
Una donna palestinese stringe il corpo di sua nipote di Mohammed Salem è la World Press Photo of the Year.

La Pietà di Gaza, come è stata ribattezzata la foto, è nella World Press Photo Exhibition 2024, che da oggi al 9 giugno, presenta a Roma, a Palazzo delle Esposizioni, in anteprima nazionale, le immagini vincitrici del contest di fotogiornalismo. Ideata da World Press Photo Foundation e organizzata da Azienda Speciale Palaexpo con 10b Photography, la mostra punta i riflettori su storie di singoli e comunità, guerre, cambiamenti climatici e molto altro a farsi ritratto del momento storico. E misura della nostra capacità di “vedere”, nel senso più profondo del termine. «Nelle foto di quest'anno, il dolore è meno strillato ma si incrocia con la difficile situazione mondiale che stiamo vivendo – dice Marco Delogu, presidente Palaexpo – perlopiù gli scatti sono di fotografi che fanno parte delle comunità che raccontano, non sono mordi-e-fuggi». Da qui, la “potenza” delle storie. Valim-babena, concetto che rimanda al dovere di prendersi cura dei genitori, è il lavoro di Lee-Ann Olwage, premio Story of The Year, su un anziano affetto da demenza in Madagascar. Alejandro Cegarra, premio Long-Term Project, con I due Muri, indaga la realtà dei migranti in Messico. La guerra è intima dell'ucraina Julia Kochetova, premio Open format, è una sorta di diario del conflitto. 

E la narrazione prosegue, tra timori, speranze, resistenza, a farsi sempre sentimento: profondo, pervasivo, solido. È così nel tatuaggio “Be brave” di una ragazza negli scatti di Zied Ben Romdhane sui giovani tunisini e le loro speranze disattese. E nel salto all'indietro, fermato nell'istante in cui un adolescente sembra vincere la gravità, che non pare più solo gioco o talento, ma domanda e protesta. Ancora, nelle ombre fatte sul muro con le mani da una mamma, malata di cancro, con i figli, come testamento, anche di leggerezza e fantasia, documentate da Wang Naigong. 

O nella ricerca della farfalla Satyrus, in memoria di un padre, e nella battaglia per la specie Monarca, simbolo dell'anima dei defunti. A susseguirsi sono cieli “vuoti” di pioggia, dove la siccità fa deserto del panorama, altri rossi di fiamme. E scene di lotta, sopravvivenza, impegno. «Eddie Jim – commenta la curatrice Marika Cukrowski – ha immortalato un uomo, nell'isola di Kioa, in mare con il nipote, dove, quando l'anziano era bimbo, c'era la costa. È uno scatto bellissimo ma racconta la crisi climatica». Il mondo che cambia. Davanti ai nostri occhi. 

Ultimo aggiornamento: 08:00 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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