Case green, passa la direttiva Ue ma l’Italia vota contro: «Chi paga?». Cosa prevede

Manca l’unanimità ma viene approvato il testo per tagliare il consumo di energia degli edifici

Sabato 13 Aprile 2024 di Gabriele Rosana
Case green, passa la direttiva Ue ma l’Italia vota contro: «Chi paga?». Cosa prevede

La direttiva europea sulle case “green” ha incassato l’ultimo e definitivo sì dei governi e conclude così un tormentato iter iniziato due anni e mezzo fa.

Ma l’Italia si è sottratta dal compromesso, votando no insieme all’Ungheria. Al Consiglio Ecofin di ieri in Lussemburgo, Svezia, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Croazia si sono astenute (il che equivale a voto contrario), e per poco il fronte dei sette Paesi non ha raggiunto la soglia minima del 35% della popolazione Ue necessaria per un colpo di mano e per bloccare all’ultimo l’approvazione della stretta sull’efficientamento energetico degli edifici parte del Green Deal.

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L’effetto

A spiegare il dissenso è stato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti: «È una direttiva bellissima e ambiziosa, ma alla fine chi paga? Abbiamo esperienze purtroppo note in Italia», ha detto alludendo alla saga del Superbonus e al suo effetto sui conti pubblici, con «pochi fortunelli che hanno rifatto le case grazie ai soldi che ci ha messo lo Stato, cioè tutti gli altri italiani». Anticipando la bocciatura governativa, un mese fa nella plenaria del Parlamento Ue erano stati i tre partiti della maggioranza (FdI, Lega e FI) a opporsi alla riforma, poi passato con 370 sì, 199 no e 46 astenuti. L’obiettivo della direttiva - adottata in una veste “soft” e con più margini di flessibilità per i Paesi rispetto alla versione iniziale - è tagliare il consumo di energia degli edifici residenziali del 16% entro il 2030 e del 20-22% entro il 2035, con benefici in bolletta; il 55% di questa riduzione dovrà essere ottenuta ristrutturando il 43% degli immobili con le prestazioni peggiori. Gli interventi realizzati a partire dal 2020 saranno conteggiati ai fini del target. Si prevedono poi esenzioni per gli edifici storici, agricoli, i luoghi di culto e le seconde case, mentre la messa al bando delle caldaie a combustibili fossili è stata rinviata al 2040; nell’attesa, gli Stati Ue dovranno stoppare i relativi sussidi già l’anno prossimo.

Tutti i nuovi immobili, invece, dal 2030 dovranno essere a emissioni zero (quelli pubblici già dal 2028). Il provvedimento sarà adesso pubblicato in Gazzetta Ufficiale ed entrerà in vigore 20 giorni dopo: da quel momento scatteranno per tutti i 27 Paesi Ue due anni di tempo per recepire la normativa, pena il rischio di incorrere in una procedura di infrazione da parte della Commissione. La direttiva non stanzia nuove risorse europee (il miglioramento della performance energetica potrà tuttavia accedere, insieme ad altri interventi “green”, agli 86,7 miliardi del Fondo sociale per il clima disponibili dal 2026), ma prevede che saranno i singoli Stati, nei loro piani di riduzione dei consumi, a spiegare a Bruxelles la strategia per raggiungere i target ed eventualmente assicurare forme di sostegno per i proprietari di casa chiamati a effettuare i lavori di ristrutturazione.

La scelta

Il no del governo italiano è «la scelta giusta. Pur attenuato, si tratta di un provvedimento ideologico, sbagliato e pericoloso», ha commentato il presidente di Confedilizia Giorgio Spaziani Testa, mentre il capodelegazione di Forza Italia all’Eurocamera Fulvio Martusciello promette battaglia «nella prossima legislatura per cambiare la normativa». Di diverso avviso l’eurodeputata Pd Patrizia Toia: «Dopo aver dato il suo assenso a dicembre, il governo ora fa marcia indietro per lucrare consenso elettorale», pur sapendo che la direttiva «non impone alcun obbligo ai cittadini, ma chiede agli Stati di impostare politiche sensate e a lungo termine».

Ultimo aggiornamento: 09:33 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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