Sospetti di tradimento, agenti infiltrati e “doppio gioco” mediorientale. L’attacco di Israele al consolato iraniano a Damasco che ha colpito il comando delle forze Quds delle Guardie rivoluzionarie iraniane in Siria e Libano, e il contrattacco dell’Iran con 350 fra missili e droni su Israele, scavano un solco tra il regime degli Ayatollah e i Paesi “amici” di Siria e Iraq.
IL QUADRO
Lo scenario è coerente con notizie filtrate prima della risposta di Teheran a Israele, sul possibile contrattacco dalla Siria. Il regime siriano controlla il 70 per cento del territorio, ma non aree strategiche nel Nord-est e Sud-est, dove gli americani sono presenti con basi (circa 900 uomini) e sostengono l’opposizione ad Assad. Il quale teme di essere penalizzato dall’aggressività delle milizie iraniane che attaccanole basi americane. Significativamente, gli americani bersagliati sia in Iraq che in Siria, compiono rappresaglie solo in territorio siriano, evitando di creare problemi al governo di Baghdad, che pur supportato anche da Teheran, ha un rapporto di collaborazione con gli Usa e vuole mantenerlo. Le ripetute missioni del segretario di Stato Antony Blinken in Medio Oriente, insieme a quelle del capo della Cia William Burns, sono servite anche a lanciare segnali di moderazione a Teheran attraverso il premier iracheno, Shia al-Sudani. A sua volta, il siriano Assad è infastidito dalle continue incursioni israeliane e dalle rappresaglie americane, a Damasco e Aleppo. E gli Usa avrebbero fatto sapere ad Assad che non avrebbero tollerato l’appoggio operativo al fianco dell’Iran. Assad, poi, tiene molto più al rapporto con la Russia e a non provocare gli Usa (per avere mano libera a riprendersi città come Idlib), che non al vicinato con l’Iran. Per questo avrebbe rimescolato le carte nei servizi segreti epurando parte della dirigenza a favore della corrente russa più che iraniana. Come non bastasse, tra Iraq e Siria operano contro l’Isis gruppi filo-iraniani, da Asaib Ahl al-Haq alle Brigate Badr e Kataeb Hezbollah. Senza contare la presenza americana nelle basi di al-Asad in Iraq e al-Tanf in Siria. Difficile per Assad gestire, oltre tutto, pure il confronto aperto Iran-Israele.