PADOVA - Quella dottoressa non ha ancora un nome e un cognome, ma la mobilitazione scattata ieri mattina racconta perfettamente quanto la storia di Anthony Civolani abbia colpito ed emozionato medici e infermieri padovani. Dal direttore generale Dal Ben ai primari, dai colleghi più longevi in servizio ai dottori già in pensione: tra i corridoi dell’Azienda ospedaliera in tanti si sono messi all’opera per provare ad identificare la dottoressa che vent’anni fa salvò la vita ad un ragazzo coinvolto in un terribile incidente lungo la Strada Battaglia.
L’articolo del Gazzettino con l’appello lanciato dal padovano Civolani è stato condiviso di chat in chat coinvolgendo anche i colleghi dell’Ulss Euganea e di altre Ulss venete.
LO SCHIANTO
Questa storia, prima tragica e poi emozionante, comincia attorno alla mezzanotte tra il 31 luglio e il 1 agosto 2003. Anthony Civolani, all’epoca ventinovenne, era appena uscito dal cinema Cineplex di Due Carrare quando a bordò della sua moto fu protagonista di un incidente terribile: un’auto fece un’inversione a U e lui non riuscì a frenare in tempo.
«Ho perso la gamba destra e sono stato portato d’urgenza in terapia intensiva. Sono rimasto in coma per 18 giorni, con gravi conseguenze anche agli organi interni - racconta -. È stato un momento difficilissimo».
Al risveglio i familiari gli raccontarono che la tragedia poteva essere addirittura peggiore. «Se non ci fosse stata quella dottoressa io sarei morto perché era già in corso una gravissima emorragia – ricorda Anthony -. A quella donna devo tutto. Non ho mai saputo nulla di lei e non ho mai saputo chi fosse. So solo che era una pediatra e si era trovata incolonnata tra le auto dopo il mio incidente. Era corsa subito in mio aiuto. Mi appello a chi magari lavora da tanti anni a Padova. Sarebbe bellissimo poter incontrare quella dottoressa. Le direi grazie anche per conto di mio papà, al quale ero legatissimo. Oggi lui non c’è più».
LE RISPOSTE
Nelle ventiquattro ore successive all’appello tantissimi medici hanno provato a dare risposta a quel desiderio: «Vogliamo trovare quella dottoressa». Non è facile perché non ci sono certezze né sull’età della dottoressa né sulla sua carriera. Tra i decani della Pediatria di Padova purtroppo nessuno ricorda l’episodio. Avrebbe potuto trattarsi di una giovane specializzanda poi passata a lavorare altrove oppure magari di una pediatra di libera scelta. Nemmeno nella relazione stilata quella notte dagli operatori del Suem 118 c’è traccia del nome della soccorritrice.
Anthony però non si arrende. Dopo due anni e mezzo in carrozzina ha ripreso la sua vita e ieri, nel ventesimo anniversario dall’incidente, si è riunito con tanti amici per celebrare la sua rinascita. Incontrare quella dottoressa rappresenterebbe una chiusura del cerchio.