Dieci casi negli Stati Uniti di ameba mangia cervello dopo lavaggi nasali sbagliati. Lo hanno comunicato i Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) americanim che descrivono «10 casi di pazienti con infezione da Acanthamoeba non cheratite che hanno riferito di aver eseguito risciacqui nasali prima di ammalarsi».
Ameba mangia cervello: cosa sappiamo
Sono 7 uomini e 3 donne, tutti immunocompromessi. «La maggior parte faceva risciacqui da mesi o addirittura per anni e almeno la metà utilizzava acqua del rubinetto», sottolinea l'autorità sanitaria.
I sintomi
L'infezione ha prodotto un insieme di condizioni che andava dalla rinosinusite alla malattia cutanea, dall'encefalite amebica granulomatosa all'osteomielite. Pur precisando che il rapporto causa-effetto non è sicuro, ossia «non è stato stabilito con certezza che il lavaggio nasale sia la via di trasmissione in ogni caso» analizzato, i Cdc ribadiscono che soprattutto «le persone immunocompromesse dovrebbero essere educate a risciacqui nasali sicuri per prevenire infezioni da ameba».
Cos'è l'ameba mangia-cervello
L’ameba mangia-cervello è un nome utilizzato per identificare più specie di amebe, dei microrganismi (protisti) unicellulari “a vita libera”, cioè che possono sopravvivere nell’ambiente senza alcun tipo di ospite ma che, occasionalmente, possono vivere come parassiti nei vertebrati, principalmente nei mammiferi, umani inclusi, causando malattie gravi e spesso mortali. L’ameba mangia-cervello può entrare nell’organismo attraverso il naso, gli occhi o le ferite aperte e può raggiungere il cervello, provocando malattie estremamente gravi e in altissima percentuale fatali.
Bassetti: «Non usare acqua del rubinetto per i lavaggi nasali»
«L'ameba è una grave infezione che può colpire il cervello. Secondo un report del Cdc ci sarebbe un legame con l'utilizzo di acqua non sterile per i lavaggi nasali. Bisogna evitare di utilizzare acqua del rubinetto per i lavaggi nasali». Lo raccomanda su X Matteo Bassetti, direttore di Malattie infettive al Policlinico San Martino di Genova, commentando il rapporto dei Centers for Disease Control and Prevention americani.