Aggressioni agli infermieri, quasi un caso ogni 2 giorni in Umbria: «Impariamo a difenderci»

Sabato 13 Gennaio 2024 di Egle Priolo
Aggressioni agli infermieri, quasi un caso ogni 2 giorni in Umbria: «Impariamo a difenderci»

PERUGIA - Un'infermiera colpita in pieno volto a Foligno dai familiari di un ragazzo che aveva bisogno di un'ambulanza e un collega di Perugia preso a pugni dall'uomo che era stato chiamato a soccorrere.

Due casi in 24 ore solo nel Perugino, due aggressioni che fanno salire i dati sulle violenze, fisiche e verbali, contro il personale sanitario. Le ultime statistiche (l'assessore regionale alla Sanità Luca Coletto fornirà quelle del 2023 il mese prossimo) parlano di 150 aggressioni in Umbria nel 2022, quasi una ogni due giorni. Tante, troppe. E che spesso hanno come vittime proprio gli infermieri, front office del sistema sanitario regionale.

«Gli infermieri – ricorda il presidente dell'Ordine delle professioni infermieristiche di Perugia, Nicola Volpi – stanno alla porta di tutti i presidi e anche alla cornetta: sono loro che accolgono per primi chi ha bisogno di assistenza, svolgendo un ruolo cardine e indispensabile per la nostra sanità. Basti pensare ai colleghi in centrale operativa, a chi attribuisce i codici al pronto soccorso, a chi si occupa del triage. E se si arriva ad aggredire queste figure l'assistenza viene meno, perché poi è l'infermiere che magari ha bisogno di essere assistito. L'aggressione da parte dell'utente o del familiare arrabbiato non accelera di certo il servizio, ma anzi lo rallenta». Sembrerebbe ovvio, ma evidentemente non lo è, se professionisti incensati come «eroi» sotto pandemia adesso sono il primo punchball di chi crede di ottenere ragione o rapidità (oltre che un'assistenza d'eccellenza) con i pugni o le minacce, con episodi sempre più frequenti.
«I numeri – continua il presidente Volpi – tra l'altro sono solo relativi al dichiarato, manca tutto quel passivo che non viene denunciato. E che invece va reso noto, per stoppare un fenomeno intollerabile. Aggressioni a pubblici ufficiali che svolgono solo il loro lavoro, professionisti che hanno una funzione pubblica. E anche se per vari motivi l'esasperazione sociale ha raggiunto livelli altissimi, l'aggressione non è mai motivata. Per questo non possiamo incentivare questa situazione, dobbiamo denunciare e stoppare».

Quindi l'Opi di Perugia esprime vicinanza e solidarietà per i «gravi e spiacevoli eventi» che hanno visto coinvolti un'infermiera del pronto soccorso di Foligno e un infermiere e l'equipaggio del 118 perugino, ribadendo come «il sentimento di indignazione e di rabbia di tutta la categoria professionale, legati a questi ennesimi atti di inciviltà nei confronti di infermieri, spingono i componenti dell'Ordine a reclamare tutte le tutele necessarie affinché tali atti non si ripetano». Ribadendo anche il proprio impegno «nell'avvio di dibattiti ed interlocuzioni politiche ed istituzionali per il rafforzamento di iniziative e di programmi specifici a garanzia della dignità e della sicurezza di chi dedica la propria vita alla tutela della salute altrui».
Tra le iniziative dell'Opi perugino anche il corso di formazione svolto pochi mesi fa in collaborazione con Fijlkam, la Federazione italiana Judo Lotta Karate Arti Marziali, al Cus di Perugia in cui gli iscritti hanno potuto imparare dal maestro Andrea Arena le tecniche per gestire situazioni al limite. Non un corso per replicare alle botte, ovviamente, ma un corso di autodifesa, di approccio verbale, di gestione in maniera professionale di un caso a rischio, utile sempre ma soprattutto in servizi più sensibili come 118, pronto soccorso o reparti di psichiatria o Centri di salute mentale.
«L’obiettivo principale dei nostri corsi - chiude Nicola Volpi - è formare gli infermieri nel prevenire e riconoscere il rischio, acquisirne consapevolezza ed individuare i fattori scatenanti dell’aggressività: tre punti fondamentali la cui approfondita conoscenza può essere determinante nella prevenzione di questo grave problema. La conoscenza e, di conseguenza, la prevenzione delle situazioni a rischio di scatenare la violenza sono le migliori armi per creare il clima di lavoro migliore e per ottenere l’alleanza tra operatori sanitari e utenti».

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