Dopo i redditi bassi, tocca al ceto medio. Ma fino a quale soglia arriverà il prossimo taglio dell’Irpef? Il vice ministro dell’Economia, Maurizio Leo, ha indicato un livello massimo di 55 mila euro. Qui, insomma, il governo ha posto l’asticella della classe media. Ma quali strade potrebbe prendere il prossimo intervento del governo? Sopra i 50 mila euro di reddito oggi, scatta l’aliquota del 43 per cento, quella massima. Da 28 a 50 mila euro di reddito, invece, si applica l’aliquota intermedia che oggi è fissata al 35 per cento. Il primo passaggio dunque, dovrebbe essere quello di “allargare” lo scaglione medio, facendo salire la soglia, appunto, fino a 55 mila euro.
I CALCOLI
Secondo le stime elaborate dal Consiglio Nazionale dei Commercialisti per Il Messaggero, di questo allargamento beneficerebbero circa 440 mila contribuenti. Se l’aliquota intermedia rimanesse al livello attuale, ossia al 35 per cento, questi 440 mila contribuenti otterrebbero un beneficio tra 80 e 400 euro l’anno. Il costo per lo Stato non sarebbe elevato, solo un centinaio di milioni. Ma in realtà nei piani del governo ci sarebbe anche una riduzione dell’aliquota fiscale che, nella versione più “spinta” potrebbe calare fino al 33 per cento. Se l’aliquota Irpef media, calasse soltanto di un punto, cioè scendesse dall’attuale 35 al 34 per cento, i benefici andrebbero da 10 euro annui per un reddito di 29 mila euro, fino a 670 euro annui per un reddito da 55 mila euro in su.
Se, infine, si volesse contemporaneamente ridurre l’aliquota media dell’Irpef dal 35 al 33 per cento e far salire a 55 mila euro la soglia del secondo scaglione Irpef, i benefici salirebbero a 20 euro per un reddito di 29 mila euro, per arrivare a 940 euro annui per un reddito di 55 mila euro. Il costo complessivo sarebbe di 3,5 miliardi, ma due miliardi sarebbero “assorbiti” dai redditi sopra i 55 mila euro. Anche in questo caso, come in quello precedente, si potrebbe “annullare” il beneficio per i redditi più alti riducendo le detrazioni. Il punto centrale, come ha ribadito il vice ministro Leo, sarà trovare le risorse. Prima di finanziare il taglio dell’Irpef per la classe media, infatti, bisognerà rifinanziare per il prossimo anno anche il taglio per i redditi bassi, ossia l’accorpamento della vecchia aliquota del 25 per cento in quella del 23 per cento. Solo questa misura costa 4 miliardi. Senza contare i 10 miliardi necessari a confermare il taglio dei contributi per i redditi fino a 35 mila euro. Un po’ di fieno in cascina il governo lo ha già messo. Ha costituito un fondo “taglia-tasse” nel quale ha stipato i risparmi dell’abolizione dell’Ace, un incentivo per le imprese cancellato, e nel quale finiranno per esempio, anche i proventi della gara del Lotto. Ma il governo conta soprattutto sul successo del concordato biennale preventivo per le Partite Iva che si concluderà il 15 ottobre, pochi giorni prima del varo della manovra. Quello è considerato il principale “polmone” finanziario per mandare avanti la riforma fiscale.