Pensioni, Quota 41 si allontana: come sarà l'uscita anticipata? Dai contributi ai requisiti, ecco le ipotesi in campo

La spesa sostenuta dai conti pubblici per le pensioni è troppo alta e comunque destinata a crescere ancora

Martedì 16 Aprile 2024
Pensioni, Quota 41 si allontana: come sarà l'uscita anticipata? Dai contributi ai requisiti, ecco le ipotesi in campo

Pensioni, Quota 41 si allontana. La spesa sostenuta dai conti pubblici per le pensioni infatti è troppo alta ed destinata a crescere.

Nel 2024 toccherà i 337,4 miliardi e per il 2025 salirà a 345 miliardi. Mentre nel 2027 balzerà a 368 miliardi. Una corsa che non è destinata a fermarsi nemmeno negli anni successivi. L'obiettivo dell'esecutivo rimane quello di approvare una riforma che renda il sistema più flessibile e con regole che funzionino per anni. Sui tempi è stata la stessa ministra del Lavoro Marina Calderone a spiegare che la riforma «non si farà a breve termine». Come si potrà lasciare il lavoro ora? Vediamo tutte le ipotesi in campo.

Quota 41 cosa è e requisiti

Di cosa si tratta esattamente? L'idea alla base di quota 41 è quella di permettere di lasciare il proprio posto di lavoro al raggiungimento dei 41 anni di contributi, a prescindere dall'età anagrafica. Una misura che però, così come descritta, rischierebbe di rivelarsi molto onerosa per le casse pubbliche. Ecco perché, in passato, sono stati introdotti ulteriori requisiti per circoscriverne il raggio d'azione. Ad esempio, restringendo la platea dei potenziali beneficiari ai cosiddetti lavoratori “precoci”, cioè quelli che hanno svolto almeno 12 mesi di lavoro effettivo, anche non continuativo, prima del diciannovesimo anno di età. Tra gli altri requisiti è stato introdotto poi quello di trovarsi in una delle categorie specifiche previste: disoccupati, caregivers, invalidi civili o aver svolto lavori usuranti o gravosi.

Le ipotesi

Le proposte come l’introduzione di un pensionamento con 41 anni di contributi a prescindere all’età, anche se addolcite nei costi per lo Stato (ma non per i pensionati) da un ricalcolo contributivo degli assegni, sono destinate a restare nel cassetto. Ma cosa sta accadendo al sistema pensionistico? Pesano diversi fattori. Il primo è strutturale: l’andamento demografico. Il numero dei pensionati gradualmente sta aumentando e quello dei lavoratori destinati a “mantenerli” con il versamento dei contributi è destinato invece a ridursi. Non perché aumenta la disoccupazione, ma piuttosto perché ci sono sempre meno persone in età lavorativa. La seconda ragione è più contingente: il ritorno dell’inflazione.

 

Quota 103 e Ape sociale

La conferma di Quota 103 con il ricalcolo contributivo per chi vi accede, le novità sull’Ape Sociale e il taglio della rivalutazione per gli assegni più ricchi, sono state tutte adoperate per fare cassa. Il governo vorrebbe passare a Quota 41 per tutti, senza alcun requisito anagrafico ma con una penalizzazione in uscita con ricalcolo contributivo. Nascerebbe così un'alternativa alla pensione anticipata, con uno sconto in quanto a contributi (ma ne deriverebbe un assegno più basso).

La spesa

Aumenta la spesa per le pensioni, soprattutto a causa dell'adeguamento degli assegni all'inflazione ma crescono anche i contributi versati grazie anche all'aumento dell'occupazione: nel 2023, secondo la Relazione sull'attività nell'anno dell'Inps appena pubblicata, sono stati erogati per pensioni 269,6 miliardi di euro con un aumento del 6,34% mentre sono arrivati nelle casse dell'Istituto versamenti contributivi per 214,6 miliardi di euro con un aumento del 4,44% rispetto al 2022 (+4,65% rispetto alle previsioni), dato anche qui nominale e che ingloba l'aumento dei prezzi.

I dati Inps

I dati dell'Inps insieme a quelli Istat sulla significativa crescita dell'occupazione nel 2023 (+481mila occupati in media annua) hanno fatto dire al ministro del Lavoro, Marina Calderone che i numeri "danno ragione" al Governo e "incoraggiano a perseguire i cambiamenti per rafforzare e consolidare il lavoro buono e di qualità in Italia". Nel complesso, guardando al bilancio, le entrate - che l'Inps indica nella voce contributi ma che non riguardano solo i contributi pensionistici ma ad esempio anche i trasferimenti dello Stato - toccano nell'anno i 395,86 miliardi con un aumento del 4,43% sul 2022.

Pagamenti

I pagamenti - che non riguardano solo le pensioni ma spaziano dall'assegno unico al sussidio di disoccupazione, dai bonus maternità all'assegno di inclusione - sono stati pari a 396,86 miliardi con un aumento del 7,36% sul 2022. l dato risente degli adeguamenti all'inflazione con la percentuale definitiva calcolata dall'Istat all'8,1%. La spesa per prestazioni istituzionali è stata pari a 317 miliardi. Tra queste sono stati erogati per le prestazioni temporanee (assegno unico, Naspi, bonus ecc) 38,6 miliardi di euro (+10,16%) con una crescita del 12% per la Naspi e del 38% sull'Assegno unico introdotto però nel corso del 2022. Le pensioni sono state 17,8 milioni e 3,6 milioni le prestazioni per invalidità.

Il Def

I dati arrivano mentre parte il confronto sul Def e il lungo cammino verso la legge di Bilancio che non dovrebbe comunque allargare le maglie in materia pensionistica visti i vincoli sui conti pubblici. Se di anticipo pensionistico rispetto all'età di vecchiaia si parlerà ancora è possibile che si lavori per tenere fermo il requisito minimo di 41 anni di contributi alzando l'età minima necessaria a fronte dei requisito contributivo.

Gli obiettivi

La ministra del Lavoro, Marina Calderone, nelle scorse settimane ha ribadito che l’obiettivo durante la legislatura è quello di «rimettere mano con sapienza e attenzione anche a quello che è il patto intergenerazionale, in quanto è alla base di un “sistema efficiente. A tal proposito, il governo valuterà tutti gli interventi per mettere in protezione chi deve uscire dal lavoro in anticipo ma perché ha lavorato tanto e per chi è giovane e deve ancora costruire la propria posizione previdenziale».

I fondi

Difficile però che per i tempi l'approvazione arrivi nel 2025. Anche perché nelle prossie leggi di Bilancio l’Italia dovrà stanziare le risorse per ridurre il deficit accumulato, circa 5 miliardi di euro l’anno secondo le previsioni. E soprattutto non si potrà fare extradeficit per finanziare nuove misure economiche. La Manovra 2025 sarà quindi più "povera" dell'ultima. E a meno di tagli da parte della Bce o di una crescita economica - ma è questo un doppio scenario complicato - le novità non dovrebbero essere positive.

Ultimo aggiornamento: 18 Aprile, 09:31 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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