Torna l’ombra della jihad ed è strage.
Attentato Mosca, almeno 40 morti e 100 feriti nella sala da concerto
Le indagini
Le indagini adesso sono aperte per terrorismo. Kiev si affretta a negare ogni coinvolgimento per bocca del consigliere stretto di Zelensky, Podolyak, come ribadito dagli Stati Uniti per cui l’Ucraina non ha nulla a che vedere con la strage del Crocus City Hall. Ma gli americani qualcosa devono sapere se lo scorso 7 marzo, in un’allerta sul sito dell’Ambasciata avevano messo in guardia espressamente sui concerti. «L’Ambasciata - recitava la breve nota, ripresa poi dalle rappresentanze europee compresa quella italiana - sta monitorando report per cui degli estremisti hanno piani imminenti per colpire grandi raduni a Mosca inclusi concerti e i cittadini Usa devono stare sull’avviso evitando assembramenti nelle prossime 48 ore».
Il report
Più o meno l’avvertimento rilanciato dopo il massacro. Le istruzioni: evitare la folla, monitorare i media locali per aggiornamenti, stare attenti a ciò che succede intorno. Ma il portavoce del Consiglio di sicurezza Usa, John Kirby, smentisce collegamenti con i fatti di ieri, su cui «non mi risulta che avevamo informazioni», dice. Ora si guardano e riguardano i video per verificare se i jihadisti avessero o no la barba.
La strage
Pure la scelta dell’obiettivo, una sala concerti, rimanda ad azioni stile Bataclan. Opera normalmente del jihadismo. Kalashnikov, bottiglie incendiarie e un’automobile farcita di esplosivo confermano l’impressione, in assenza di rivendicazioni (altro indizio). Gli 007 vanno a scavare nei raid compiuti di recente dalle unità antiterrorismo russe in Inguscezia, con scontri a fuoco. Si studiano i record su precedenti attentati. Nel 2017, quattordici vittime in un’esplosione nella metropolitana di San Pietroburgo, 34 in un attacco kamikaze a Volgograd nel 2013, prima delle Olimpiadi invernali di Sochi, 30 in un’azione simile nel 2011 all’aeroporto Mosca-Domodedovo. Due i fattori che potrebbero aver provocato un revival di stragismo islamista: la guerra in Ucraina (Putin ha mandato al fronte soldati delle Repubbliche più povere, tra cui le islamiche) e il 7 ottobre seguito dall’attacco israeliano a Rafah. C’è chi ricorda la strage in Iran per la commemorazione dell’ex capo dei pasdaran, attribuita a fazioni islamiste sunnite dell’Afghanistan. L’internazionale jihadista è pur sempre all’opera. I servizi segreti ucraini, invece, puntano l’indice su Putin: l’attentato sarebbe una provocazione del Cremlino e l’ex presidente russo, l’incendiario Medvedev, non perde l’occasione per assicurare che tutti i leader ucraini verranno uccisi se si scoprirà che sono stati loro a ordinare il massacro.