Omicidio di Villafranca. Accusato di omicidio, Friso ha detto al pm: «Mi stava picchiando, così l'ho accoltellato»

Nemmeno l’udienza di fronte al gip - chiusa con la convalida dell’arresto e un’ordinanza di custodia cautelare in carcere - ha però risolto l’unico dubbio che resta sull’indagine, cioè il movente

Martedì 30 Aprile 2024 di Nicola Munaro
Boschetto e Friso

PADOVA - Al giudice per le indagini preliminari Giacomo Friso ha detto che con Michael Boschetto litigavano fin dall’infanzia. E che lui, 34 anni, un’infanzia e un presente difficile, per difendersi sabato mattina all’alba aveva portato un coltello nel tratto di strada che - in via Gomiero, a Villafranca Padovana - divide la sua abitazione da quella di Boschetto, 31 anni. Poi era tornato a casa per uscire di nuovo qualche minuto dopo, attorno alle 6 di mattina. Anche Boschetto - ha sostenuto il 34enne - aveva l’abitudine di uscire presto e così vittima e assassino si sarebbero incontrati. «Lui è venuto fuori per picchiarmi e io mi sono difeso con il coltello» ha ripetuto Friso al giudice durante l’udienza di convalida dell’arresto che da sabato sera lo tiene in una cella del Due Palazzi con l’accusa di omicidio volontario per aver accoltellato e ucciso il suo vicino di casa, un ragazzo di poco più giovane e che lui conosceva da sempre.

I due coltelli, le due versioni diverse

Subito dopo l’arresto, i carabinieri hanno trovato nel giardino della casa di Friso - rientrato in appartamento dopo la zuffa e l’accoltellamento e prima di tentare la fuga - due coltelli. Uno solo è quello usato per pugnalare morte al fianco Boschetto e a dirlo saranno le indagini del Ris a cui sono stati affidate le due lame. Nella sua ricostruzione, però, il 34enne non è stato chiaro: al giudice Friso ha detto di aver colpito il 31enne ad un fianco, diverso da quello dov’è però la ferita che verrà analizzata dall’autopsia di giovedì. La versione fornita ieri al gip non combacia nemmeno sull’incontro tra i due. Mentre sabato Friso aveva raccontato di essersi presentato davanti a casa della vittima con una ruota di bici (la sua, che in effetti manca), di essere stato picchiato e poi di aver reagito, ieri in carcere non ha parlato della bicicletta, trovata dai carabinieri nel giardino di casa sua, a poca distanza da dove sono stati scoperti i coltelli.

Il giallo del movente

Nemmeno l’udienza di fronte al gip - chiusa con la convalida dell’arresto e un’ordinanza di custodia cautelare in carcere - ha però risolto l’unico dubbio che resta sull’indagine, cioè il movente. Nelle parole del 34enne c’è la paura di essere picchiato, come spesso accadeva e quindi per la difesa si tratterebbe di una reazione, tanto che l’avvocato Enrico Cogo, difensore di Friso con la collega Tamara Fattore, ha chiesto al giudice l’eccesso colposo di legittima difesa. Una versione alla quale la procura non crede: il sostituto procuratore Benedetto Roberti, infatti, ha contestato l’aggravante della premeditazione.

La ricostruzione dell'omicidio

A chiamare i soccorsi è stata la fidanzata di Boschetto: di ritorno dal lavoro in un pub di Abano, l’ha trovato ormai in condizioni gravissime.

Questo mentre Friso - sentite le sirene - aveva tentato di scappare scavalcando la recinzione del giardino dei suoi vicini. Lì è però stato visto da Francesco Battinelli, sostituto commissario della Questura, messo in allerta dal trambusto delle sirene e dal suo cane. Il 34enne ha allora scavalcato un’altra recinzione alta due metri dirigendosi a ovest, verso via del Donatore, in mezzo alle case. Il poliziotto, intuendo che fosse accaduto qualcosa di grave, ha deciso di inseguirlo salendo in auto. La fuga di Friso è durata circa 500 metri. Il giovane si è diretto verso l’abitazione degli zii, i suoi unici parenti, lungo via Piazzola, al margine del paese. Davanti alla villetta però si è nascosto in una siepe: lì l’agente lo ha scovato. Il 34enne è scappato di nuovo, stavolta attraverso i campi: altri 300 metri circa, scavalcando un’altra recinzione prima di essere bloccato da Battinelli, che per impedirgli di scappare ha usato anche uno stendibiancheria in attesa dell’arrivo dei carabinieri. Una volta ammanettato, tra la sosta in ospedale per essere medicato e quella in caserma, le prime ammissioni e l’arresto. Nel frattempo in via Gomiero i sanitari tentavano invano di salvare la vita a Boschetto. 

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Ultimo aggiornamento: 16:49 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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