Il vescovo Pavanello accusa la politica polesana: «I partiti hanno fallito»

Mercoledì 27 Marzo 2024 di Luca Gigli
Il vescovo della diocesi di Adria-Rovigo, monsignor Pierantonio Pavanello, accusa di fallimento la politica polesana

ROVIGO - Il classico pugno di ferro nel guanto di velluto. Il vescovo monsignor Pierantonio Pavanello striglia la politica locale chiusa tra particolarismi e interessi personali, con i “fallimenti” politici di tre amministrazioni comunali che consecutivamente non hanno concluso il mandato: due di centrodestra con sindaci Bruno Piva e Massimo Bergamin “mandati a casa” per le dimissioni della maggioranza dei consiglieri comunali, una finita quattro mesi prima del voto all’opposto per le dimissioni del sindaco, stavolta di centrosinistra, Edoardo Gaffeo.
Il presule parte subito in affondo, seppure da un’ottica più generale, evidenziando che «i tradizionali canali di partecipazione rappresentati dai partiti politici appaiono incapaci di proporre prospettive significative.

Questo giustifica la grande astensione alle votazioni e la disaffezione all’impegno politico. La crisi della partecipazione diventa pertanto anche crisi della leadership politica e sociale» per poi spostare lo sguardo su Rovigo: «Il fatto che per la terza volta consecutiva il consiglio comunale non riesca a concludere il suo mandato è sintomo di un malessere radicato, che si esprime nella frammentazione dei gruppi sociali e nella difficoltà di “fare rete”. La rappresentanza politica tende a suddividersi in tanti gruppi legati a singole persone o espressione di interessi settoriali, che anche quando riescono ad allearsi nel momento elettorale, poi si dividono nuovamente nel corso del mandato. Come se una volta eletti si diventasse incapaci di attenzione, di ascolto, di condivisione, che sono le virtù fondamentali di chi si pone al servizio del bene comune, come solitamente si dichiara ai fini elettorali».

L’ATTACCO
Al vescovo paiono prevalere «ancora il particolarismo, il protagonismo di singoli e gruppi, il ripiegamento e la sfiducia verso la stessa possibilità di lavorare insieme per un progetto condiviso di sviluppo sociale ed economico» quando si dovrebbe «provare a capire che cosa desiderano e lungo quali sentieri stanno camminando uomini e donne di questa città. Certamente scopriremo molte energie positive che attendono di essere accolte e indirizzate verso un progetto condiviso: pensiamo in modo particolare al mondo del volontariato, alle tante eccellenze della cultura e dell’arte, all’impegno civico nascosto di tanti semplici cittadini. La secolare mentalità provinciale particolaristica può essere modificata nel riconoscere il valore delle connessioni, delle collaborazioni, dei collegamenti e dei reciproci riconoscimenti».
Ne viene così un’altra critica alla classe politica dirigente, ma anche una discesa in campo della diocesi stessa. «Su questo terreno verifichiamo l’assenza di luoghi e di istituzioni di coordinamento, quasi a ratificare una rassegnazione progettuale votata all’insignificanza, perché alcune iniziative in atto in tal senso sono ancora insufficienti rispetto alle necessità. Questa situazione tuttavia può determinare la elaborazione di proposte generative da parte di tanti soggetti se messi nelle condizioni di tirar fuori il meglio di sé, caratterizzati da un comune sentire che superi le barriere personali, ideologiche, economiche e culturali. È possibile trovare luoghi e momenti in cui le principali espressioni (pubbliche e del privato sociale) si interroghino rispetto alle questioni innanzi delineate? È possibile un reale confronto sulle risorse (anche umane) presenti in Polesine da valorizzare? La comunità cristiana di Adria-Rovigo si rende disponibile a lavorare in questa prospettiva anche offrendo spazi, tempi e occasioni di incontro-confronto».

Ultimo aggiornamento: 17:24 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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