Venezia. Dopo mezzo secolo chiude Berti, l'ultimo "biavarol" in fondamenta Cannaregio: «Non ce la si fa più, sono triste»

Venerdì 1 Marzo 2024 di Marta Gasparon
Dopo mezzo secolo chiude Berti, l'ultimo "biavarol" in fondamenta Cannaregio

VENEZIA - Giù la serranda dell'ultimo "biavarol" rimasto in Fondamenta Cannaregio, divenuto nel tempo un vero e proprio punto di riferimento per la zona. Un'altra attività di vicinato che se ne va, dopo 50 anni di storia. E la causa va riscontrata ancora una volta in una Venezia che cambia, che si spopola, costringendo molte realtà locali proprio come nel caso dello storico negozio di alimentari di cui Massimo Berti è titolare dal 90, mentre il fondo è del padre Mario, entrambi veneziani doc a fare i conti con una clientela numericamente insoddisfacente, che non basta più a far quadrare i conti.

A pochi passi dal ponte delle Guglie, all'ingresso della bottega campeggia un cartello che non lascia spazio all'interpretazione: "Causa cessata attività, tutto al 50%". «La città non è più la stessa di una volta e le spese sono diventate troppo elevate. Non ce la si fa più. Come mi sento? Sono triste. Contavo di poter lavorare qui ancora qualche anno, arrivando alla pensione, ma non è stato possibile», riflette con commozione Massimo Berti, con addosso l'immancabile grembiule da lavoro. Ieri è stato l'ultimo giorno di apertura del negozio, all'interno del quale rimangono ormai pochi prodotti. Mentre ripercorre la storia dell'attività di famiglia avviata dal padre Mario, lavoratore instancabile, qualcuno entra in bottega e si lascia sfuggire un «era bello qui, mi spiace chiuderà». Ma alternative, che consentissero al negozio di sopravvivere, Massimo non è riuscito a trovarne. «Rispetto ai tempi buoni racconta lui la clientela è calata di un buon 80%. In una giornata, in media, arrivo a ricavare ormai 200-250 euro. I veneziani sono sempre meno e non c'è stato un cambio generazionale sufficiente da colmare il vuoto di quei residenti anziani che non ci sono più. Che qualcosa non andasse si è iniziato a capirlo già tra gli anni 90 e il 2000: con l'avvento dell'Euro e il raffronto con la Lira, la gente non ha più capito come gestire i propri soldi». E i supermercati, spuntati in città come funghi, hanno dato la mazzata finale, «proponendo prezzi che noi non possiamo permetterci». Il negozio di vicinato, si sa, punta su altro rispetto alla competitività delle offerte sugli scaffali. «È un mestiere dice Massimo che consente di stare a contatto con le persone, instaurando con loro un rapporto di fiducia, come fossero di famiglia. In questi anni c'è stato persino chi mi ha portato il proprio libretto della pensione, dicendomi di prendere i soldi da lì. O chi mi ha chiesto un aiuto economico, domandandomi di poter pagare il conto con qualche giorno di ritardo, poiché in difficoltà con le bollette: questo è ciò che ha sempre rappresentato il "biavarol"».

STORIA DI FAMIGLIA

Un'attività in cui il padre ha lavorato per una settantina d'anni, passando il testimone al figlio. «Ha iniziato a 9 anni, quando andava ancora a scuola: veniva qui, dove all'epoca c'era già un negozio di alimentari, divenendone il proprietario nel 1974. Poi, nel 79, ho iniziato ad aiutarlo (ricordo che appena finiti gli esami di terza media all'ex "Caboto" sono corso in bottega) e più avanti si è unita pure mia moglie». Anche i prodotti un tempo più apprezzati, via via hanno registrato una frenata nell'acquisto. «Penso alle olive sfuse, in passato gettonatissime. O al baccalà che mettevo a bagno. La gente non ha più tempo di mettersi ai fornelli e predilige cibi confezionati». La vendita del negozio, privo di fossa biologica per via di una licenza vetusta, verrà ora gestita da un'agenzia e intanto Massimo guarda al futuro. «Continuerò questo lavoro in città, ma da dipendente».

Ultimo aggiornamento: 3 Marzo, 08:20 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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