C’è chi fa il suo ingresso al Teatro della Scala in abito rosso, o con un segno dello stesso colore sul viso, per non distogliere i riflettori dai femminicidi di Giulia Cecchettin e Giulia Tramontano. C’è il Don Carlo, l’opera «più politica» di Verdi nell’interpretazione diretta da Riccardo Chailly, che per quattro ore tiene incollati alla scena i 1.800 spettatori della prima. E c’è la senatrice a vita Liliana Segre. Che esordisce al centro del palco reale, nel posto abitualmente occupato da Sergio Mattarella (assente, come la premier Giorgia Meloni, per altri impegni).
Liliana Segre: «Mattarella mi manca»
Il presidente «mi manca: gli voglio bene come a un fratello», dice la senatrice 93enne sopravvisuta ad Auschwitz. E la standing ovation che la Scala le tributa al suo ingresso basta da sola a spazzar via le polemiche “logistiche” della vigilia su chi dovesse sedere dove. Qualche strascico della questione, per la verità, riaffiora appena l’orchestra finisce di eseguire l’inno di Mameli. Quando dal loggione partono un paio di grida isolate («no al fascismo» e «viva l’Italia antifascista») che innescano un nuovo botta e risposta politico. «Mi auguro che nessuno si sia sentito offeso: quel grido non è affatto fuori posto», comincia il leader di Sinistra italiana Nicola Fratoianni. Replica il vicepremier Matteo Salvini, che assiste alla prima insieme alla compagna Francesca Verdini: «Alla Scala non si urla: se uno viene a sbraitare qui o a fischiare agli Ambrogini ha un problema». «Il grido? Non l’ho sentito», si tiene alla larga dai commenti Ignazio La Russa, accompagnato allo spettacolo dalla moglie Laura De Cicco.
Le polemica del giorno prima
La (lieve) contestazione, in ogni caso, fa seguito al segnale di battaglia lanciato due giorni fa dai lavoratori della Scala iscritti a Cgil e Anpi: «Nessun saluto istituzionale a chi non ha mai condannato il fascismo», recitava il comunicato delle maestranze cigielline.
Volti noti
Stonature (fuori dal palco) a parte, c’è da celebrare il successo della lirica italiana, inserita nel patrimonio immateriale mondiale dell’Unesco: «Un risultato davvero straordinario perché è uno dei nostri elementi distintivi», commenta Sangiuliano ai microfoni di Bruno Vespa (che con Milly Carlucci commenta la prima per Rai1). E mentre nel foyer si avvistano decine di altri volti noti (da Gianni Letta al senatore a vita Mario Monti e Carlo Bonomi, numero uno di Confindustria, e poi manager tra cui il presidente Enel Paolo Scaroni e quello di Mediaset Fedele Confalonieri), nella pausa tra il primo e il secondo atto Sangiuliano e Sala vanno a salutare Chailly. Segre e La Russa, invece, restano a chiacchierare nel retropalco. Il Don Carlo «mi piace moltissimo», commenta la senatrice a vita: «Sono una habituée della Scala, andavo in loggione e pian piano sono scesa fino alla platea. E questo – conclude – è un bel punto da ricordare».