Era una prassi ormai consolidata: invece di pulire la città, durante il turno notturno, un gruppo di netturbini guidava i furgoncini dell'Ama in un deposito nascosto e svuotava il contenuto del serbatoio.
Nel frattempo, l'inchiesta prosegue. Gli indagati sono in tutto 19: oltre ai quattro netturbini finiti in carcere con l'accusa di associazione a delinquere insieme a tre complici - hanno presentato tutti ricorso al tribunale del Riesame -, ci sono anche i clienti che hanno acquistato il carburante sottratto e altri 8 dipendenti Ama che avrebbero utilizzato i buoni benzina di servizio per fare il pieno alla loro auto, scavando nelle casse dell'azienda comunale un buco da 200mila euro.
Verifiche scarse
L'ipotesi della mancanza di controlli da parte dei responsabili della municipalizzata emerge anche dall'ordinanza d'arresto: «Ciascuno agiva come meglio riteneva, in terra di nessuno, sicuro dell'assenza di verifiche», scrive il gip. Agli atti, c'è il racconto di una pentita, che ha dichiarato di avere partecipato ai furti di benzina e ha raccontato che il guadagno parallelo era di circa 100 euro al giorno. «Tutto avveniva nella massima tranquillità, poiché i rifornimenti di carburante aziendale venivano effettuati presso lo stabilimento Ama e non c'era alcun controllo», ha dichiarato. Ma si tratta di un dato che sembra emergere anche dalle intercettazioni. «In Ama non sanno un c...», diceva al telefono uno degli indagati. E non è tutto: nella stessa conversazione, rimbrottando un collega intimorito che temeva di venire seguito e scoperto, aggiungeva: «Ma chi me segue.... perché mo non hanno mai seguito nessuno, mo seguono a me». La stessa cosa, sottolinea il giudice nell'ordinanza, valeva anche per il peculato legato alle carte carburante utilizzate per fare rifornimenti privati: «Nessun controllo veniva eseguito dai responsabili Ama, né sui mezzi né sulle carte assegnate ai dipendenti», fatta eccezione per quelli dai quali era scattata l'inchiesta.