Non sono mai stati tanto complicati e tesi i rapporti tra il Vaticano e Israele come in questo periodo.
Il Papa, nel messaggio inviato ieri, ha elogiato Al Tayyeb «per il cammino di dialogo, di amicizia e di stima reciproca iniziato ad Abu Dhabi che continua a dare i suoi frutti» mentre in molte parti del mondo «gli effetti di un’assenza di solidarietà fraterna provocano distruzione ambientale e degrado sociale che causano immense sofferenze a un gran numero di nostri fratelli e sorelle. È indispensabile quindi richiamare l'attenzione sui principi che possono guidare l'umanità attraverso le ombre oscure dell'ingiustizia, dell'odio e della guerra verso la luminosità di una comunità mondiale, caratterizzata da maggiore solidarietà sociale e amore fraterno». Ciò che l'ambasciatore di Israele fa notare al Pontefice è qualsiasi mancanza di critica all'atteggiamento manifestato dall'Imam sulla vicenda di Gaza all'indomani del pogrom del 7 ottobre.
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In quella circostanza Al Tayyen aveva, infatti, elogiato «la resistenza palestinese e il popolo di Gaza che stanno affrontando la spietata aggressione israeliana contro di loro. I palestinesi stanno affrontando il fuoco dell'esercito terroristico dell'occupazione israeliana (...) spogliato da ogni senso della moralità e dell'umanità, attuando vari crimini brutali, tra cui bombardare ospedali; distruggere moschee e chiese; e uccidere bambini, donne, giornalisti e cittadini innocenti». Al Tayyeb non condannava in alcun modo i massacri del 7 ottobre costati la vita a 1200 civili israeliani e soprattutto non criticava l'ideologia di Hamas tesa a sterminare gli ebrei e spazzare via lo Stato di Israele dalla Palestina. Un programma di sterminio che Hamas ha sempre evidenziato in ogni documento e ogni proclama.
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Al-Azhar, in quella circostanza, elogiava anche il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres per la sua «posizione coraggiosa e cavalleresca» che chiede la fine dell'aggressione a Gaza. Guterres davanti al Consiglio di sicurezza ha affermato che bisogna riconoscere che «gli attacchi di Hamas non sono avvenuti nel vuoto. Il popolo palestinese è stato sottoposto a 56 anni di occupazione soffocante. Hanno visto la loro terra costantemente divorata dagli insediamenti e afflitta dalla violenza; la loro economia soffocata; le loro persone sfollate e le loro case demolite. Le loro speranze per una soluzione politica alla loro situazione sono svanite».
Le incomprensioni tra il Vaticano e Israele negli ultimi tre mesi di guerra si sono sviluppate in diversi momenti sollecitando risposte diplomatiche e contatti dietro le quinte. A novembre una lettera firmata da 400 rabbini e accademici di religione ebraica di tutto il mondo avevano sollecitato al Papa una parola di vicinanza al popolo ebraico. La risposta arrivata alcuni giorni fa è stata apprezzata particolarmente dall'American Jewish Commettee: «In un momento teso nelle relazioni tra ebrei e cattolici. E' importante che nel messaggio il Papa abbia affrontato l'esplosione dell'antisemitismo condannato come peccato».
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