Camminare, il miglior modo per conoscere se stessi, sosteneva il filosofo indiano Tagore: la Sabina è ricca di percorsi che possono costituire una valida alternativa alla classica gita al mare nel weekend.
La prima tappa significativa di questo itinerario (che si snoda su un totale di circa 6 km) è il bellissimo santuario di Santa Vittoria, in stile romanico: la chiesa risale all’XI secolo poiché in questo territorio fu martirizzata e venne sepolta in una necropoli la Santa (a cui è dedicato anche un “cammino” vero e proprio). Gli Orsini, feudatari del luogo, nella seconda metà del XV secolo abbellirono ulteriormente il Santuario, che spicca in una posizione di pace assoluta circondato da antichi reperti archeologici come colonne e leoni funerari marmorei. Sul portale in marmo bianco spicca scolpito il simbolo dell’Agnus Dei. La storia di Santa Vittoria è suggestiva: nobile, giovane e orfana, originaria di Trebula Mutuesca (ora Monteleone Sabino), nell'anno 250, sotto l'imperatore Decio, si convertì al cristianesimo. Secondo una leggenda databile al V secolo, ai tempi della Santa in questo territorio sabino si annidava in una grotta un terribile drago che seminava panico e morte fra la popolazione: Vittoria riuscì a sconfiggerlo con la forza della fede, e a seguito di questo miracolo la popolazione di Trebula si convertì in massa. Attualmente il Santuario è in fase di restauro, così come nel vicino Parco Archeologico di Trebula Mutuesca sono in corso nuovi scavi. Trebula Mutuesca, fra i cui resti spicca un grande anfiteatro, era un’antica città sabina che fu conquistata dai Romani nel 290 a.C.. Una patina di mistero avvolge i culti che venivano officiati in antichità in questo luogo: qui venivano infatti adorate la dea Angizia, collegata al culto dei serpenti (raffigurata con il corpo da serpente e simbolo dei draghi nell’Alto Medioevo), venerata anche nella Marsica, e la dea Feronia, signora della fertilità e dell’agricoltura. Alla fine del IX secolo, a causa dell’invasione saracena, Trebula fu abbandonata e gli abitanti si rifugiarono nelle vicinanze, dando origine al borgo medievale che divenne poi Monteleone Sabino. Ancora oggi il simbolo del paese è il Leone (le cui antiche sculture spiccano nella piazzetta principale), che era proprio l'icona della città di Trebula.