Sulle tracce di San Francesco: archeologia, natura e spiritualità da Poggio Moiano a Monteleone Sabino

Domenica 27 Giugno 2021 di Maria Serena Patriarca
Santuario di Santa Vittoria

Camminare, il miglior modo per conoscere se stessi, sosteneva il filosofo indiano Tagore: la Sabina è ricca di percorsi che possono costituire una valida alternativa alla classica gita al mare nel weekend.

In particolare, oggi vi portiamo sulla Via di Francesco, il percorso escursionistico (percorribile a piedi, a cavallo o in bicicletta) che tocca i luoghi simbolo della vita di San Francesco, e che in totale si snoda su 500 km, dal Santuario della Verna, in Toscana, fino a Roma. Il tratto che vi suggeriamo, per una passeggiata che coniuga natura, archeologia e spiritualità fra antichità e Medioevo, è quello che parte dal suggestivo borgo di Poggio Moiano (dove oggi è di scena la tradizionale Infiorata) e arriva a Monteleone Sabino, attraverso boschi, il santuario di Santa Vittoria e i resti dell’antica città sabina di Trebula Mutuesca. Punto di partenza è la chiesetta rurale di San Martino, a Poggio Moiano. Da qui si seguono le indicazioni nei classici colori della Via di Francesco (azzurro e giallo), scandite da cartelli in legno con le frasi del Santo.

 

La prima tappa significativa di questo itinerario (che si snoda su un totale di circa 6 km) è il bellissimo santuario di Santa Vittoria, in stile romanico:  la chiesa risale all’XI secolo poiché in questo territorio fu martirizzata e venne sepolta in una necropoli la Santa (a cui è dedicato anche un “cammino” vero e proprio). Gli Orsini, feudatari del luogo, nella seconda metà del XV secolo abbellirono ulteriormente il Santuario, che spicca in una posizione di pace assoluta circondato da antichi reperti archeologici come colonne e leoni funerari marmorei. Sul portale in marmo bianco spicca scolpito il simbolo dell’Agnus Dei. La storia di Santa Vittoria è suggestiva: nobile, giovane e orfana, originaria di Trebula Mutuesca (ora Monteleone Sabino), nell'anno 250, sotto l'imperatore Decio, si convertì al cristianesimo. Secondo una leggenda databile al V secolo, ai tempi della Santa in questo territorio sabino si annidava in una grotta un terribile drago che seminava panico e morte fra la popolazione: Vittoria riuscì a sconfiggerlo con la forza della fede, e a seguito di questo miracolo la popolazione di Trebula si convertì in massa. Attualmente il Santuario è in fase di restauro, così come nel vicino Parco Archeologico di Trebula Mutuesca sono in corso nuovi scavi. Trebula Mutuesca, fra i cui resti spicca un grande anfiteatro, era un’antica città sabina che fu conquistata dai Romani nel 290 a.C.. Una patina di mistero avvolge i culti che venivano officiati in antichità in questo luogo: qui venivano infatti adorate la dea Angizia, collegata al culto dei serpenti (raffigurata con il corpo da serpente e simbolo dei draghi nell’Alto Medioevo), venerata anche nella Marsica, e la dea Feronia, signora della fertilità e dell’agricoltura. Alla fine del IX secolo, a causa dell’invasione saracena, Trebula fu abbandonata e gli abitanti si rifugiarono nelle vicinanze, dando origine al borgo medievale che divenne poi Monteleone Sabino. Ancora oggi il simbolo del paese è il Leone (le cui antiche sculture spiccano nella piazzetta principale), che era proprio l'icona della città di Trebula.

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