Weekend “sgaio” nell’altra Venezia: esperienze autentiche e alternative lontano dal caos dei sestieri più affollati

Un itinerario ingegnoso, alla scoperta della Giudecca e della Laguna sud, per vivere la Serenissima oltre il centro storico, come un vero “local”

Sabato 29 Ottobre 2022 di Sabrina Quartieri
Hilton Molino Stucky Venice: panorama dal drone

Una gita “a pelo d’acqua” a bordo di un solido bragozzo, con sosta, per il pranzo, in uno storico casone dove si allevano cozze e si assaggiano piatti a base di pescato locale. Ma anche la visita di uno squero, per conoscere un celebre maestro d’ascia che, nel cantiere, realizza delle robuste ed eleganti gondole su misura. Infine, un aperitivo panoramico nel rooftop più alto della Serenissima, la “terrazza su Venezia” che è già un indirizzo “cult” per gli amanti della mixology.

Sono solo alcune delle esperienze che è possibile fare durante un weekend “sgaio” nella città lagunare tra la Giudecca e la Laguna sud: vissuto all’insegna di tappe intelligenti, perché fuori dai circuiti turistici e, quindi, lontane dal caos, il tempo scivola via tra inesplorati luoghi frequentati dai “local”, tutti autentici e molto alternativi.

Cosa fare e dove mangiare a Venezia nella quiete della Giudecca e della Laguna sud

Un itinerario ideale per una fuga all’insegna di un turismo che dice “no” alle visite “mainstream” e sceglie, invece, di scoprire una città rinomata come Venezia, attraverso delle esperienze da vero “local”. Alternando un aperitivo nel rooftop più alto della città a un tour con un’antica barca dei pescatori o, ancora, un pranzo su una palafitta in mezzo all’acqua a un incontro con un vogatore storico che oggi costruisce gondole artigianalmente, il weekend, spostandosi tra la Giudecca e la Laguna sud, diventa un’immersione nell’autenticità. 

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1. Gita a bordo di un bragozzo con pranzo tipico in un casone 

Il fascino di esplorare la placida Laguna sud con una barca nata per i pescatori e riadattata a gioiello da diporto, beandosi tra avvistamenti di colorati villaggi di pescatori e isole leggendarie come Poveglia, la cui storia è intrisa di spaventosi racconti sui fantasmi; ma anche l’emozione di sentirsi seppure solo per un giorno un vero “local”, quando ci si ferma a pranzo in un luogo unico e molto amato dai veneziani come gita fuoriporta del weekend: è Cason Zennaro, una grande palafitta bianca e azzurra in mezzo all’acqua al largo di Chioggia che, su prenotazione, apre le porte agli avventori come ristorante di pesce a conduzione familiare. «In passato era un capanno che serviva a noi pescatori per la cernita delle vongole e delle cozze che alleviamo qui intorno, in uno spazio di 10 ettari. Ma da quando si fa tutto a bordo delle imbarcazioni, abbiamo deciso di trasformare questo luogo in una sorta di “home restaurant”, per dare una nuova vita al casone, che ha almeno 70 anni di storia», racconta Paolo Zennaro che, nel 2011, con suo fratello Gino, ha cominciato l’attività di pescaturismo. Il menu del pranzo è fisso e a base di prodotti ittici freschi di giornata, che vengono cucinati nella vicina imbarcazione Kociss. La stessa che si usa per prendere i clienti a Chioggia e condurli fino all’allevamento. L’esperienza gastronomica comincia, dopo essersi accomodati nella terrazza della palafitta, con uno spritz di benvenuto accompagnato da due cicchetti di sardine e baccalà mantecato; poi, si va avanti tra un’impepata di cozze, delle linguine vongole veraci e cozze, una grigliata di gambero reale argentino e sarde, per finire con una prelibatezza chioggiotta, la Bissiola, considerata il dolce del pescatore per la consistenza secca e quindi capace di durare più a lungo. Il caffè, un liquore alla liquirizia fatto in casa e la frutta chiudono il pasto (e pure l’esperienza, che ha un costo complessivo di 60 euro a persona). «Il weekend spesso veniamo in posti come questo. È uno dei luoghi tipici della Venezia dei veneziani, che si conosce solo grazie al passaparola», racconta Michelangelo Ravagnan, un insider nativo della Laguna e imprenditore immobiliare, che siede in uno dei tavoli di Cason Zennaro, perché ama trascorrere il tempo libero in modo autentico. Lo si nota anche dalla barca molto speciale usata per raggiungere il ristorante: ormeggiata accanto alla palafitta, la Laguna B è stata costruita 15 anni fa dal maestro d’ascia Gianfranco Vianello del Cantiere nautico Crea alla Giudecca. Un modello barena in grado di trasportare carichi pesanti e con una carena a poco pescaggio, che era stata realizzata per la cattura delle moeche, i granchi che si trovano vicino alle barene, dove i fondali sono molto bassi. Ad acquistarla ci ha pensato, invece, la famiglia veneziana Brandolini d’Adda, che ha voluto impreziosire l’imbarcazione con teck e comodi cuscini, per usarla poi per degli imperdibili tour alla scoperta di una Venezia inedita e dei suoi dintorni poco esplorati. 

Cason Zennaro

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2. Visita di uno squero della Giudecca dove si realizzano gondole su misura

Nel susseguirsi delle otto isolette della Giudecca, separate dal centro di Venezia dal largo e profondo Canale omonimo, un laborioso gioiello dell’artigianalità è l’indirizzo da non perdere se si vuole conoscere un’affascinante storia di territorio. È l’antico Cantiere Nautico “Crea”, dove Gianfranco Vianello, un ex pescatore, gondoliere e storico vogatore pluripremiato, costruisce imbarcazioni su misura o, in alternativa, restaura quelle d’epoca un po’ malmesse che gli vengono affidate. Ma questa è solo la parte più recente della incredibile vita di Franco Crea, nome con cui tutti lo chiamano e che tutti conoscono. In città, infatti, la sua presenza è un vanto: nessuno dimentica le 13 vittorie da lui collezionate nelle regate storiche a cui ha preso parte per 35 anni consecutivi. Lo ha fatto gareggiando su quei gondolini difficili da padroneggiare e da costruire, che il “Re del remo” oggi realizza con passione. Grazie ai racconti di Franco, si apprende molto dell’arte di vogare alla veneta e di come nascono questi gioielli di ingegneria navale che lui stesso crea, insieme a una valente squadra di otto squeraioli, volenterosi artigiani, anche stranieri, che gli sono di supporto. Poco più in là, invece, nel ristorante “Al Storico da Crea”, Lorenza, sua figlia, conquista i palati “locali” e non con le specialità di pesce tipico lagunare, che si degustano in una terrazza sulla sconfinata distesa d’acqua a sud della Giudecca, oppure all’interno del locale, che è sempre aperto tranne il lunedì. Oltre al meglio della cucina della tradizione, come i Bigoli in salsa di cipolle e acciughe, il luogo ospita anche diversi pezzi di artigianato, come il bancone all’ingresso, realizzati da Franco con le sue mani. Ma questa è ancora un’altra storia. Riguarda gli anni della sua giovinezza, di lui come studente modello della Scuola d’arte della vicina isola di San Giorgio Maggiore. 

Gianfranco Vianello al Cantiere nautico Crea

3. Aperitivo nell’ex Molino della Giudecca, l’hotel col rooftop più alto di Venezia

Le facciate in laterizi rossi e l’imponente torre neogotica sul tetto sono come una calamita per gli occhi di chi naviga il Canale della Giudecca verso il luogo a cui appartengono: l’Hilton Molino Stucky Venice, ex opificio rinato albergo dall’architettura post-indusrtiale che ospita, all’ottavo piano, il già iconico Skyline Rooftop Bar. Un indirizzo “cult” per l’aperitivo, essendo il punto panoramico più alto della città dopo il campanile di San Marco. Di fronte a una Serenissima senza segreti, che si svela nella sua più sublime magnificenza, il cocktail da non perdere, tra i 21 signature creati dal Bar Manager Sebastiano Scarpa, è il Gin “Stucky 1895”. Un drink realizzato con il distillato infuso con quattro botaniche della Laguna (enula, santonico, porcellana di mare e finocchio di mare) e dedicato all’anno di nascita del Molino, all’epoca uno dei più belli d’Europa. Il suo primo progetto fu commissionato all’architetto tedesco Ernst Wullekopf dall’industriale veneziano Giovanni Stucky, che poi decise di ampliare la struttura, facendo costruire un silos e un pastificio. Arrivata a ricoprire un’area di oltre 30mila metri quadrati, questa realtà a pieno regime seppe occupare 1500 operai e produrre circa 50 tonnellate di farina al giorno, anche grazie alla tecnologia all’avanguardia a disposizione. Ovvero, un meccanismo fisico di caduta dall’alto che permetteva al Molino di trasferire il grano dalle navi al processo interno di macinazione. Ma dopo diversi decenni fiorenti, con un notevole contributo apportato all’economia di Venezia, per l’opificio arriva la crisi e, con lei, poco oltre, la definitiva chiusura nel 1955. Dovranno trascorrere 33 anni prima della decisione, da parte del Ministero per i Beni Culturali, di apporre il vincolo sulla struttura e di dare il via alla sua trasformazione in un complesso alberghiero. Una affascinante storia, questa, illustrata dalle foto d’epoca che si trovano lungo la parete di un corridoio, accanto alla hall dell’hotel inaugurato il primo giugno 2007. Grazie a un importante intervento di recupero conservativo, la struttura mantiene molto del suo passato. Come le iniziali di Giovanni Stucky, impresse sulla facciata principale per preservare il ricordo di un uomo che, per diverso tempo, ha saputo dare lustro alla città. O, ancora, la sua esclusiva torre privata, un “occhio” privilegiato su Venezia oggi parte della raffinata Molino Presidential Suite.

La vista dalla Molino Presidential Suite

 

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