«Scopriranno chi ha compiuto l’attentato, li andranno a stanare nel loro covo e non ci saranno superstiti. Allora potremmo cominciare a capire»: Andrea Margelletti, presidente del Centro Studi internazionali, non si tira indietro davanti a un’interpretazione a caldo. Ma mette in guardia: «Le ipotesi sono diverse ed è ancora troppo presto per capire, ma una cosa è certa: per Putin è il pretesto di un ulteriore giro di vite repressivo».
Poche ore dopo la strage lo Stato Islamico ha rivendicato la responsabilità dell’attacco terroristico nella sala concerti Crocus con un comunicato su Telegram, ma tutte le ipotesi restano in campo.
«Non esistono poteri inattaccabili. Ricordiamoci sempre che per quanto le maglie della sicurezza siano strette, sempre maglie sono e quindi qualcosa inevitabilmente sfugge. Non dobbiamo confondere la forza repressiva di un leader, con la capacità di controllare al cento per cento un paese. Un potere del genere non esiste e non lo ha mai avuto nessuno».
«Certo, ci sono per esempio i gruppi jihadisti di cui nessuno parla più. Ma invece esistono e restano attivi. Poi ci sono gruppi che possiamo situare addirittura alla destra di Putin, che non è l’opposizione a favore dell’Ucraina, e poi c’è un’ulteriore ipotesi, forse suggestiva ma che non possiamo aprioristicamente scartare, anche dopo questa rivendicazione da verificare».
«Che si tratti anche di un attentato che in realtà attentato non è. Che si tratti di un attentato sotto falsa bandiera. Organizzato dai servizi russi per consentire al leader russo di poter avviare un ulteriore giro di vite repressivo nei confronti della popolazione».
«Proprio così. Quello che voglio dire è che il nemico è sempre utile perché è una forza aggregante, ha il potere di unire il fronte interno».
«Dobbiamo sforzarci di non interpretare quello che accade in Russia con gli occhi di chi sta fuori dalla Russia. Questo è un attentato che deve avere una chiave di lettura russa».
«Sono quelli che avrebbero voluto l’impiego massiccio di armi atomiche sull’Ucraina, o il bombardamento a tappeto di Kiev. Quelli che vorrebbero che l’operazione in Ucraina passasse da militare a punitiva».
«No. Ma non perché mi aspettassi una cosa simile, ma perché so bene che tutti i regimi hanno delle opposizioni, e che queste opposizioni prima o poi vengono a galla».
«Una stretta ancora più forte di controllo sul paese».
«Queste parole dimostrano quello che le ho detto: che esiste una chiave di lettura “putiniana” dell’attentato. Una cosa posso provare a prevedere: quando scopriranno il covo di chi ha attaccato, e di sicuro lo scopriranno, ci sarà uno scontro a fuoco, moriranno tutti e non ci saranno più testimoni. Ecco, a quel punto potremo cominciare a fare le nostre valutazioni».