TOMBOLO - L’assassino di Liliana Cojita, romena di 55 anni, sarà processato in Corte d’Assise. Il prossimo 20 marzo i giudici popolari presteranno il loro giuramento, mentre la prima udienza è stata fissata per l’11 di aprile.
Il 21 di marzo invece l’avvocato Corrado Perseghin del foro di Vicenza, in difesa dell’imputato Youssef Molay Mahid, riceverà notizie dalla Cassazione in merito al ricorso presentato per un vizio di procedura.
I FATTI
Il marocchino, irregolare sul suolo italiano e con alcuni precedenti, si sarebbe macchiato di un delitto d’impeto. La sua rabbia è esplosa per gelosia. Youssef, ad agosto dell’anno scorso, avrebbe “pizzicato” Liliana baciare un connazionale. Otto giorni prima di commettere il femminicidio aveva litigato con la compagna afferrandola con violenza per i capelli.
Una escalation di rabbia e di minacce, arrivata al suo culmine la mattina del 21 settembre in quello stabile di via Vittorio Veneto. Dopo il delitto Youssef sarebbe uscito dalla sua stanza, pedalando in bicicletta per ore prima di tornare a casa per la notte. Quel mercoledì il nordafricano si trovava nella camera della fidanzata e ha visto da una finestra il presunto amante di lei, al volante di un’auto.
Subito dopo Liliana ha ricevuto una telefonata al cellulare dal connazionale. Youssef non ci ha più visto, la sua rabbia è deflagrata come una bomba in quella stanza. La donna romena è stata sbattuta a terra, poi il marocchino le è montato sopra per bloccarle le braccia. Ormai Liliana era immobilizzata e a quel punto il 49enne ha preso un cuscino e lo ha premuto con forza sul viso di lei. Liliana dopo qualche interminabile manciata di secondi ha smesso di respirare.
LA CONFESSIONE
L’uomo pensava fosse solo svenuta. Così ha preso il corpo e lo ha adagiato sul letto. «Ho capito che lui doveva passare a prenderla e abbiamo litigato. Non volevo ucciderla. Quando ho visto che non si muoveva pensavo che fosse solo svenuta, per quello l’ho messa sul letto. Ho provato a gettarle dell’acqua sul viso, a sentire con il dito se respirava. Quando ho capito che era morta sono andato nel panico. Non sapevo che fare. Io non volevo ammazzarla. Uccidere per il Corano è peccato e ho confessato» ha giurato Youssef ai carabinieri. La sera dell’omicidio il marocchino ha dormito nella sua stanza, vicina a quella di Liliana, stesa nel suo letto e ormai morta da una decine di ore.